L’idea iniziale era quella che per migliorare l’integrazione degli allievi stranieri fosse necessario istituire “ classi di accompagnamento”. Forse comprendendo che ciò richiamava troppo le vecchie classi differenziali il Ministro Valditara ha ripiegato su concetti più accettabili e cioè corsi pomeridiani di sostegno e tetto massimo di alunni stranieri in ogni classe nella proporzione del 20-30%. Spiega il Ministro che in classi dove una gran parte degli allievi risulti proveniente da culture diverse, difficilmente potrà avvenire una conoscenza ed una assimilazione della nostra cultura e perciò il rispetto dei valori costituzionali che segnano l’integrazione nel nostro stesso popolo.
Se l’idea ha fondamenti di ragionevolezza tradurla in una soluzione concreta non appare così semplice ed esente da rischi.
Da più parti si fa notare come esistano scuole in cui , data la già alta percentuale di iscritti provenienti da paesi esteri, sarebbe impossibile non superare tale limite e d’altra parte, precisa l’Associazione Nazionale Presidi, non è possibile rifiutare l’iscrizione di allievi sulla base della cittadinanza. Inoltre esiste già una normativa, più precisamente una circolare ministeriale del 2010, che fissa al 30%, in modo elastico a discrezione degli Uffici scolastici Regionali, la presenza in una classe di allievi/e non cittadini italiani.
Stando alle statistiche, nell’anno scolastico 2021/2022, i casi in cui si superava tale percentuale era inferiore a 4 scuole per regione, una cifra molto esigua. Ciò fa pensare che non si tratti di una emergenza culturale come forse si vuol far credere, ma di una situazione affrontabile attraverso la normativa vigente, con elasticità, guardando alle situazioni specifiche, senza bisogno di ulteriori norme restrittive e dal sapore discriminatorio.
Non vorremmo mai che la teoria che sta alle spalle di tutto ciò fosse mirata ad identificare nella presenza di alunni immigrati uno dei problemi di funzionamento della Scuola Italiana. Problemi che esistono ma che attengono a tutt’altre cause, tra le quali proprio l’impostazione meritocratica e competitiva che il Ministro Valditara auspica e sta progressivamente cercando di attuare.
D’altra parte una percentuale di 20-30% di allievi stranieri in una classe significa 2 o 3 allievi ogni 10, che non è una quota difficile da gestire, considerando che per il fatto di provenire da altre nazioni non significa che non siano già in parte integrati nel contesto sociale e in possesso di buona padronanza linguistica (c’è chi è in Italia da anni senza averne ancora ottenuto la cittadinanza).
Pensare all’integrazione è cosa giusta, l’importante è non strumentalizzarla per altri fini; invitiamo il Ministro Valditara ad adoperarsi per una Scuola della cura e della partecipazione che permetta a tutti gli allievi di sentirsi inclusi indipendentemente dalla propria origine , cultura, condizione personale e sociale.
La scuola di cui c’è bisogno, che integra e accoglie, non può certamente essere quella del merito e della competizione.