Un nuovo modello di gestione condivisa della scuola pubblica

La scuola è un bene comune e non va delegata ai soli professionisti. Appartiene alle famiglie, ai giovani, alla comunità perché ne costruisce il futuro. I Decreti delegati  hanno sancito una volta per tutte questo principio e la successiva legislazione lo ha sempre ribadito in modo rafforzativo.riforma_scuola11 La Gratuità passa attraverso questo valore o non passa e la scuola resta il luogo dell’istruzione delegato a specialisti a cui viene dato un potere educativo indiscutibile e autoritario. Presentiamo a tale riguardo la sintesi di un contributo di Gianluca Cantisani dell’ Associazione Genitori Scuola Di Donato che ci sembra  ben utile per una costruttiva riflessione.

Il cuore del problema che voglio affrontare è il seguente. Le scuole non possono più funzionare con il modello di delega allo stato ed ai suoi rappresentanti.

Da diversi decenni si aspettano riforme che non arrivano e da almeno dieci anni i tagli hanno messo in crisi gli stessi servizi educativi ed il diritto allo studio sancito dalla Costituzione.

Se si chiede ai cittadini italiani su cosa operare i tagli quasi tutti salverebbero la scuola; ma ciò non è rappresentato nel modello della delega che uniforma la scuola alle altre voci di spesa del bilancio dello Stato.

Potremmo dire con uno slogan attuale: non è più il tempo della delega . Non funziona lasciare la scuola ai soli “addetti ai lavori”; i lavoratori della scuola sono necessari e fanno la differenza ma non sono più sufficienti!

Non ha neppure funzionato, più recentemente, mettere la scuola in mano ai tecnici/manager perché le risorse umane sono vincolate, non ci sono capitali da gestire, né profitti da massimizzare. Il limite più importante è che i due modelli (statalista ed aziendalista) sono modelli gerarchici che partono dallo stesso principio: pensano di poter fare da soli senza il coinvolgimento attivo delle persone. Ed è per questo principalmente che hanno fallito. Perché la scuola è fatta principalmente di capitale sociale e la risorsa più importante a disposizione è da sempre la gratuità che segue le regole della condivisione, della partecipazione attiva, del cambiamento personale e collettivo.

Per fortuna abbiamo anche esperienze che hanno funzionato ed a cui possiamo riferirci per immaginare un modello diverso. Si tratta innanzitutto dell’esperienza dei decreti delegati che hanno scritto una pagina importante negli ultimi decenni sperimentando una scuola partecipata dai genitori e dagli studenti. Poi negli ultimi anni con riferimento all’ultimo comma dell’art.118 della Costituzione sono cresciute le esperienze di “sussidiarietà”, di sostegno, di partecipazione e di scambio all’interno della comunità scolastica e con il territorio.

Una ulteriore chiarezza che abbiamo recuperato con la crisi economica è che è necessario guardare a modelli sostenibili; molte esperienze di sussidiarietà di questi ultimi anni hanno proprio questa caratteristica. Allora un modello sostenibile oggi per la scuola è la “gestione condivisa”: una gestione che metta in comune le risorse che una comunità ha e che chiama in causa tutti i cittadini e non solo i rappresentanti dello stato.

Si tratta di partire da ciò che c’è: i locali scolastici di proprietà comunale/statale, il personale docente e non docente comunale (infanzia) o dello stato, i genitori, i nonni, gli operatori che già frequentano le scuole quotidianamente, i progetti educativi, sociali, culturali, sportivi intorno alla scuola sostenuti dagli enti locali, da enti no-profit del terzo settore e fondazioni. E immaginare una gestione condivisa che sostenga le necessità educative e la manutenzione con le risorse che la comunità mette a disposizione.

Che non sono solo economiche. Anzi è necessario partire dalle riserve di gratuità e pensare alle risorse economiche solo come uno degli strumenti a disposizione. Passare dal modello (spesso deviato) di “quello che si può fare con i soldi disponibili” al modello (in genere più sano) che si fa quello che è dovuto ai giovani senza e con i soldi disponibili.

Con questa nuova impostazione si è scoperto in molte esperienze che la comunità ha un enorme capitale sociale disponibile a mobilitarsi gratuitamente per il bene comune “scuola” ed accanto ad essa; genitori e nonni, pensionati e cittadini attivi, studenti delle scuole secondarie e universitari, amministratori e funzionari pubblici che guardano al futuro della loro comunità. Per tutte queste persone è chiaro che la scuola è il futuro ed è necessario investire su di essa.

l’amministrazione condivisa richiede alla scuola e alla sua comunità di incontrarsi e confrontarsi per definire insieme il suo sogno, il progetto di sviluppo, di miglioramento, di cambiamento per il futuro. Ed un sogno condiviso può contare su risorse inaspettate, creative, forse infinite.

Sono arrivato dove già molti studiosi ci hanno indicato negli ultimi anni. I beni comuni sono una miniera aperta, una risorsa intorno alla quale la comunità può trovare le risposte al proprio futuro mantenendo la qualità della vita ed il soddisfacimento dei bisogni di ognuno.

E’ per questo che credo in questa strada nuova per la scuola che va rafforzata nelle esperienze, portata a conoscenza nei territori e resa “praticabile” a chi opera nella scuola (lavoratori e altri soggetti). Se questa strada ha un cuore andrà avanti; se non si pretende di “far da soli” ma si permette al mondo della scuola di aprire esperienze multiple, ricche di sfumature e di soluzioni appropriate ai diversi contesti, questa strada può accompagnare le trasformazioni in corso verso la scuola del futuro.

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